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Speciale
La nuova legge sull'editoria
di Gabriele Favrin e Daniele Franza
La nuova legge sull'editoria, oggetto di aspre critiche e polemiche
che hanno contrapposto il mondo politico a migliaia di italiani, mette
in forse la libertà di realizzare siti web per i privati. Un incidente
di percorso dovuto a leggerezza, o una scelta tesa a favorire quelle
corporazioni da sempre avverse alla libera informazione in rete, o un
importante sostegno per i giornalisti in erba?
Non è semplice rispondere alla domanda che ci siamo posti nell'introduzione,
perché la classe politica italiana ha abituato chi opera nel mondo informatico
e telematico a leggi talvolta paradossali, redatte da persone estranee
al settore. Non è da meno la legge 62/2001, nata per aggiornare il mondo
dell'editoria ai nuovi media ed estendere i contributi statali alle
pubblicazioni professionali online. La legge, infatti, si apre con un
articolo così ambiguo e vago da far dubitare che possa essere stato
redatto per secondi fini.
Sulla base di quel testo, un qualsiasi sito web, anche realizzato da
un bambino, può essere assimilato ad un prodotto editoriale e quindi
soggetto agli obblighi di legge per le testate giornalistiche. Avere
un direttore responsabile iscritto all'Ordine dei Giornalisti, registrarsi
presso il tribunale e pagare gli alti costi di mantenimento di una pubblicazione
a norma, è possibile per una testata con alle spalle un editore e relativa
società. La stessa soluzione è quasi impraticabile e troppo onerosa
per un privato cittadino. Eppure in apparenza è così: chi crea un sito
web personale, magari dedicato alla squadra del cuore o a raccogliere
notizie su un determinato argomento, fa informazione, realizza un prodotto
editoriale e deve attenersi alla legge. Lo stesso vale per tutte quelle
associazioni no-profit che tramite Internet riescono a diffondere notizie
spesso ignorate dai mass media.
L'allarme
Ed è proprio una di queste associazioni, Peacelink, che ben prima
dell'approvazione della legge ha lanciato l'allarme segnalando i pericoli
legati all'ambiguità del testo proposto. Un allarme ignorato dai più,
ma che ha rapidamente preso quota dopo l'entrata in vigore della legge,
lo scorso 4 aprile.
In rete sono così nati forum di discussione e iniziative di protesta,
come la petizione promossa dal quotidiano online "Punto informatico",
che ha raccolto oltre 40.000 firme contro la nuova legge da presentare
al Parlamento dopo le elezioni. All'allarme di cittadini e siti è seguita
una selva di dichiarazioni e contro dichiarazioni delle varie parti
in causa: l'associazione dei provider italiani (critica verso una legge
che assegna ai provider uno scomodo ruolo di controllo), il sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio Vannino Chiti (che è riuscito a dire tutto
e il contrario di tutto nel giro di pochi giorni), fino all'estensore
della legge, nonché presidente della SIAE, Mauro Masi. Questi, intervistato
dal sito Clarence, sostiene di non poter essere contraddetto quando
afferma che non vi sarebbe nessun obbligo di registrazione da parte
di chi non ne aveva in precedenza e nel dirlo punta il dito sulla frase
"al fine della presente legge" contenuta nel primo articolo della stessa.
Il problema delle interpretazioni
Il problema di questi interventi, compresi quelli di esponenti politici
più o meno importanti, è che si tratta di interpretazioni personali
della legge, che siano a favore di una parte (le corporazioni giornalistiche)
o dell'altra (i cittadini). Purtroppo in questo senso il codice civile
è chiaro e all'articolo 12 recita: "Nell'interpretazione della legge
non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal
significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla
intenzione del legislatore.". In quest'ottica, mancando un regolamento
di attuazione (che è indicato alternativamente come "pronto a giorni"
o "pronto entro la fine dell'estate"), non è possibile determinare con
certezza se un sito web contenente informazione (nella più vasta accezione
del termine) deve essere registrato come testata giornalistica o meno.
Un'interpretazione "morbida" della legge, abbastanza diffusa oggi in
rete, vede i siti realizzati da privati senza fine di profitto esenti
dall'obbligo di registrazione, a patto che gli aggiornamenti delle notizie
non siano "regolari" (ad esempio non quotidiani, settimanali o mensili)
e che sia riportato nome e domicilio dell'autore del sito. A parte il
fatto che il "fine di profitto" può essere esteso ai banner che molti
webmaster ospitano per ricavare qualche lira dal proprio hobby, è importante
ribadire che a oggi questa è solo una delle possibili interpretazioni
della legge, e che non vi è alcuna garanzia che, nel caso di un'azione
legale, il magistrato la condivida.
In tutta la questione, infatti, l'unica cosa certa per ora è quanto
dichiarato in un'intervista radiofonica dal presidente dell'Ordine dei
Giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo. Questi, dopo aver sostenuto
l'obbligo di registrazione per chiunque faccia informazione di attualità
in rete, ha dichiarato che "sarà compito dei magistrati chiarire i confini
di questa legge".
Fino ad allora, o fino all'ultimazione dell'agognato regolamento attuativo,
tutti i cittadini italiani che vorranno fare informazione sul web rischieranno
una denuncia per stampa clandestina, reato che può portare in carcere.
Sempre che ci sia qualche magistrato che si vorrà prendere la briga
di intraprendere un'azione penale contro un cittadino colpevole solo
di non aver potuto, saputo o voluto rispettare una legge nata per altri
scopi, e semplicemente scritta male.
Il percorso della legge in Parlamento
L'iter parlamentare di quella che poi è diventata, dopo la definitiva
approvazione, Legge della Repubblica numero 62/2001, è stato abbastanza
complesso.
Tutto è nato il 18 aprile 2000, tramite una iniziativa del Governo (allora
era in carica il secondo Governo D'Alema). Il Disegno di Legge è stato
presentato prima alla Camera dei Deputati, formalizzato nell'Atto parlamentare
C. 6946, ed è poi passato al Senato della Repubblica (Atto S. 4985).
Due le particolarità di questo Disegno di Legge: il fatto di essere
stato unito in sede legislativa a numerosi Progetti di Legge detti "concorrenti",
cioè atti a modificare le stesse norme, iniziativa di parlamentari delle
diverse forze politiche; e il fatto di essere stato approvato in via
definitiva dalla Commissione Parlamentare interessata (la VII, Commissione
Cultura), riunita in sede legislativa. Questo per accelerare i tempi
di approvazione della legge stessa, evidentemente ritenuta di urgente
attuazione!
La Legge 62/2001 è così un "collage", una unione più o meno coordinata
di diversi Progetti di Legge. Quello che ci importa di questa legge
sono però gli articoli riguardanti la nuova definizione di "prodotto
editoriale", e le nuove norme a cui devono sottostare anche i siti Internet.
E tali articoli provengono dai citati Atti C. 6946 e S. 4985, e cioè
dal Disegno di Legge presentato il 18 aprile 2000 dal Ministero D'Alema.
Se al secondo Governo D'Alema va quindi il "demerito" di aver presentato
alle Camere un Disegno di Legge così mal scritto, a tutte le forze politiche
italiane va il non minor demerito di aver approvato, a larga maggioranza,
una legge contenente articoli così poco precisi e pericolosi!
Cosa fare?
Tra i nostri lettori ci saranno sicuramente anche webmaster, persone
cioè che gestiscono, per proprio conto o per conto di terzi, siti web.
Come sottolineato nell'articolo, non è importante il reale contenuto
del sito (che sia quindi sulla propria squadra di calcio, sul proprio
computer o sull'attività di un'associazione ricreativa poco importa)
quanto la periodicità degli aggiornamenti. Lungi dal voler esaminare
passo passo il testo di legge (cosa comunque non facile), cerchiamo
di offrire dei suggerimenti per mettere in regola il proprio sito web
alla nuova legge ed evitare possibili problemi.
Per ovviare al primo, più grosso problema della registrazione presso
il Tribunale del "prodotto editoriale", è sufficiente non avere aggiornamenti
regolari (es. quotidiani, settimanali) al sito, che possano assimilare
il sito stesso ad un periodico; questo è sicuramente possibile per siti
amatoriali, mentre diventa più difficile per siti con aspirazioni più
professionali, ai quali sicuramente consigliamo la lettura di testi
on-line quali quelli messi a disposizione da Interlex, per procedere
con cognizione di causa.
Per mettersi in regola invece con le altre indicazioni di legge, risolto
il primo problema della periodicità, è sufficiente indicare nella prima
pagina o in una pagina interna facilmente raggiungibile, il nome o la
ragione sociale e l'indirizzo dell'editore/autore e del fornitore di
hosting, assimilabile allo "stampatore" citato nel testo di legge. [L.D.]
Indirizzi in rete
http://www.peacelink.it: L'associazione
che per prima ha lanciato l'allarme contro la nuova legge.
http://punto-informatico.it/petizione.asp:
La petizione organizzata dal quotidiano online. Il sito raccoglie anche
tutte le dichiarazioni sin qui rilasciate dalle varie parti in causa.
http://www.interlex.it: Un periodico
curato da legali e dedicato al rapporto fra nuove tecnologie e leggi.
Propone analisi e commenti circa la nuova legge sull'editoria.
http://www.senato.it: Il sito del
Senato della Repubblica consente di fare ricerche sui testi delle leggi,
conoscere il percorso effettuato da una legge dalla proposta alla votazione,
ecc.
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