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Internet
E adesso la pubblicità: i banner
di Gabriele Favrin
Qualcuno sembra aver preso troppo sul serio la definizione "autostrada
informatica", usata per Internet negli anni scorsi, arrivando a riempire
la rete di banner, veri e propri cartelloni pubblicitari, talvolta anche
di dubbio gusto. Ma a differenza che su un'autostrada reale, in Internet
è possibile ridurre il disturbo arrecato dai cartelloni... abbattendone
un po'.
Attorno ai banner che oggi infestano la maggior parte delle pagine
web ruota un vero e proprio business: c'è chi paga per pubblicizzare
la propria attività online, chi paga per portare tale pubblicità sui
siti, chi è pagato per ospitarla e anche chi la deve ospitare per forza,
come prezzo per ottenere, ad esempio, uno spazio web gratuito.
Come funziona esattamente il meccanismo dei banner? Fatta eccezione
per i grandi portali, che spesso gestiscono internamente i messaggi
pubblicitari, normalmente un webmaster che decide di ospitare dei banner
si allaccia ad un "circuito", ossia un'azienda che colloca banner su
più siti web, ne gestisce la rotazione, cura i rapporti con gli inserzionisti,
eccetera. In questo caso le immagini si trovano sul server della società,
non su quello del webmaster. Quando si accede ad un sito, il browser
preleva tutte le immagini contenute nel sorgente HTML della pagina,
anche quelle poste su server differenti. Inoltre, ogni volta che il
browser chiede un file ad un server, include nella richiesta la pagina
su cui l'utente si trova in quel momento. Questo, combinato al sempre
maggiore utilizzo di cookie, permette alla società che cura i banner
di sapere esattamente da quale dei siti associati proviene la richiesta
e se chi la effettua ha già visionato altri banner. Grazie a tali informazioni
è poi possibile calcolare quanto elargire ai webmaster dei siti affiliati.
L'idea dei banner in sé non è sbagliata, e permette ai siti web di sostenersi.
Il problema è che negli ultimi anni si è forse esagerato. Da una parte
banner sempre più ingombranti, con corpose animazioni GIF che il browser
scarica e mette in cache, rubando quindi anche spazio su disco, dall'altra
la scelta di immagini non sempre adeguate al vasto pubblico. In realtà,
le aziende che offrono banner potrebbero tranquillamente selezionare
gli spot da visualizzare in base alla tipologia del sito (finendo quindi
per fare pubblicità mirata), ma non sempre è chiesto loro di farlo.
Capita così, come su un noto servizio di hosting gratuito, che in un
portale per le scuole appaia un'immagine dedicata alle posizioni osè
di una modella famosa...
Cosa fare per difendersi e magari difendere i propri figli? Esistono
varie soluzioni, a seconda del tipo di banner.
Ci sono i banner JavaScript...
Fra i banner più fastidiosi figurano ai primi posti quelli presenti
all'interno di finestre che irrompono sullo schermo. Sono denominati
"banner JavaScript", in quanto realizzati attraverso le funzionalità
più infami del linguaggio. Basti pensare che sui browser che implementano
le ultime versioni di JavaScript, quelle finestre non si possono spostare,
porre in secondo piano e, in certi casi, nemmeno chiudere!
I banner JavaScript normalmente sono presenti nei siti ospitati da servizi
di hosting gratuito come Geocities. In questi casi alle pagine create
degli utenti viene automaticamente aggiunto un piccolo script che apre
la finestra e carica il banner.
Gli utenti Amiga hanno incontrato queste meraviglie nel 1998, all'uscita
di AWeb, il primo browser Amiga compatibile con JavaScript. E proprio
AWeb, l'anno successivo, ha introdotto una funzione per limitare il
problema. Attivando "Sopprimi le finestre banner" dalle impostazioni
browser, l'interprete JavaScript ignora il comando "window.open()" presente
negli script ed impedisce quindi l'apertura di qualsivoglia finestra
aggiuntiva. Naturalmente in questo modo anche gli script che non propongono
banner ma necessitano di finestre secondarie sono impossibilitati a
funzionare correttamente. Anni di navigazione, comunque, hanno dimostrato
come i disagi siano limitati rispetto agli innegabili vantaggi.
Per gli utenti di altri browser, al momento, non vi sono soluzioni,
se non quella di disattivare il supporto JavaScript, perdendo però la
compatibilità con un crescente numero di pagine. Nelle intenzioni, IBrowse
2 avrebbe dovuto integrare un particolare sistema di soppressione dei
banner, ma non se n'è saputo più nulla.
... e quelli "normali"
Se per i banner JavaScript una soluzione esiste, sebbene limitata
al solo AWeb, per quelli inseriti nelle pagine direttamente come immagini
o tramite IFRAME (un elemento HTML che permette di includere un documento
all'interno di un altro) le cose sono più complesse. Non c'è un trucco
per disfarsene completamente ma solo varie soluzioni per tentare di
ridurre il disagio.
Il primo escamotage riguarda ancora una volta AWeb, che dispone di un'opzione
per limitare il caricamento delle immagini ai soli file presenti sull'host
in cui ci si trova. In questo modo le immagini situate su siti esterni,
come i circuiti di banner, vengono totalmente ignorate.
In alternativa si può ricorrere a una soluzione un po' drastica, paragonabile
ai filtri anti spam descritti nello scorso numero. Come noto, al nome
di ogni sito corrisponde un indirizzo numerico Poiché gli stack TCP,
nell'ottica dell'utilizzo in LAN, permettono di associare un nome arbitrario
agli IP locali, è possibile far credere ai browser che l'indirizzo di
un determinato sito (nel caso, quello contenente il banner) sia 127.0.0.1,
ossia la propria macchina. Poiché l'operazione è articolata e va effettuata
manualmente, conviene farla solo per i siti che si frequentano più spesso.
Vediamo un esempio pratico.
Poniamo che l'utente si trovi sul proprio sito preferito e vi scorga
un grosso banner. La prima cosa da fare è individuare l'indirizzo dell'immagine,
utilizzando la funzione "Copy URL to clipboard" dal menù contestuale
attivabile portandosi sull'immagine e premendo, solitamente, il tasto
destro del mouse. L'opzione è presente di serie in IBrowse e Voyager
3 e può facilmente essere aggiunta ad AWeb 3 utilizzando l'apposito
script presente nel CD allegato alla rivista. Il passo successivo consiste
nel copiare l'URL in un editor, ad esempio EditPad, per analizzarlo.
Il testo che comparirà avrà la forma "http://indirizzo/path/nomefile".
La parte utile è l'indirizzo, ossia il testo successivo a "http://"
e precedente al primo slash ("/") o agli eventuali due punti. Se l'indirizzo
è uguale a quello del sito in cui ci si trova, non c'è nulla da fare
in quanto, bloccandolo, non si potrebbe accedere nemmeno al servizio
vero e proprio. In caso contrario si può procedere. E' sufficiente aprire
le impostazioni dello stack TCP, individuare la voce "Hosts" (in Miami/Miami
Deluxe si trova sotto "Database") ed aggiungere un nuovo host che avrà
come IP 127.0.0.1 (la macchina locale) e come nome l'indirizzo precedentemente
ricavato. Va detto che la modifica potrebbe non avere effetto immediatamente
se il banner è stato memorizzato in cache o se, come avviene con alcuni
browser e stack TCP, è in uso una cache interna per gli indirizzi IP
degli ultimi siti contattati. La pulizia della cache del browser e l'eventuale
riavvio di browser e stack TCP, libereranno comunque l'utente da un
certo numero di banner, a seconda dell'importanza del circuito di banner
bloccato. Da notare, infine, che questo trucco non funziona con i programmi
presenti su sistemi collegati in rete locale (è necessario configurare
gli alias per ogni macchina) e tantomeno con i tool "spyware", dei quali,
comunque, ci occuperemo in un prossimo articolo a proposito del firewall
di Miami Deluxe.
Bloccare i banner è lecito?
Le operazioni descritte in queste pagine sono perfettamente legali
in quanto riguardano la modifica dei parametri di funzionamento
del proprio computer e non coinvolgono in alcun modo i server remoti.
Tuttavia è il caso di riflettere sul fatto che molti dei servizi
in rete sopravvivono grazie ai banner e che se nessuno li visualizzasse,
probabilmente, Internet sarebbe meno interessante. |
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